By Julian Viviescas Mejia

Abstract

Julian studied one semester at the University of Modena and Reggio Emilia in Italy. While at the University of Modena, he attended a course of anthropology of migration taught by Profesoressa Marabello, where he researched the relationship between domestic work and gender and migration in Italy. The research focuses on the works of Francesco Vietti in his book Il paese delle badanti, and the articles of Nicole Constable, “The Commodification of Intimacy: Marriage, Sex, and Reproductive Labor,” and Ester Gallo, “Mascolinità, Razzismo E Lavoro Domestico. Prospettive Dal Caso Italiano.” The essay touches upon recurring themes of the emancipation of migrant women entering the caretaker roles, particularly from eastern Europe, the redefinition of gender roles, transnationalism, sex trafficking, and family reunion.

Il lavoro domestico e il rapporto tra genere e migrazioni

Le migrazioni globali sono state oggetto di studi approfonditi nel corso dei secoli da parte degli antropologi per capire perché le diverse comunità si spostano, oltre che per definire le cause e le conseguenze. Negli ultimi anni, gli antropologi si sono sforzati di analizzare le migrazioni dal punto di vista delle questioni di genere. Anche se gli studi di genere sono spesso incentrati sulle donne, alcune analisi si sono concentrate anche sugli uomini, dando un senso a un più ampio spettro di migrazioni tra coloro che emigrano e coloro che rimangono nei paesi di origine.

Gli studi condotti da Francesco Vietti nel suo libro Il paese delle badanti, approfondiscono le questioni di genere e di migrazione degli immigrati moldavi, in particolare delle donne, che si sono trasferite in Italia dopo il grande declino dell'economia a seguito della caduta dell'Unione Sovietica. Queste donne sono generalmente assunte per lavorare in ambito domestico e diventano le "capofamiglia" della loro famiglia d’origine da cui si allontanano nella speranza di ricongiungersi di nuovo. Il libro illustra in modo approfondito anche il problema dell'invecchiamento in Italia, il transnazionalismo e la ridefinizione dei ruoli nelle famiglie. Anche gli articoli delle antropologhe Nicole Constable ed Ester Gallo esaminano i problemi e le questioni centrali incentrate su questo tema, con analisi sulla mascolinità, sul lavoro domestico e sulla mercificazione dell'intimità nel caso del matrimonio e del lavoro riproduttivo. Questo saggio spiega come alcune delle storie raccontate nel libro di Vietti e negli articoli di Constable e Gallo aiutino gli antropologi a comprendere lo spettro della migrazione dal punto di vista del genere e del lavoro domestico. Le storie promuovono allo stesso tempo la ricerca sul transnazionalismo, sui ruoli di genere, sulla mascolinità e sui ricongiungimenti familiari. Il saggio fornisce anche una visione di alcuni dei problemi principali che le migrazioni di massa lasciano nei paesi d'origine, come nel caso della Moldavia. In particolare, utilizzo l'esempio di Nadia, una donna moldava che si è trasferita in Italia per lavorare come badante, per comprendere meglio molti dei concetti menzionati in precedenza e che mettono in luce molte delle difficoltà che migliaia di donne migranti devono affrontare.

Negli ultimi sessant'anni, l'Italia è stata colpita da un lento aumento della popolazione anziana: nel 1950 solo il 12,2% aveva più di sessant'anni, con un aumento al 20,1% nel 2011. Si prevede che nei prossimi decenni questa percentuale salirà almeno al 27% (Vietti 12-13). Accanto a questa problematica, a partire dalla fine degli anni '90 e a seguito della caduta dell'Unione Sovietica, si è registrato un improvviso aumento dei migranti provenienti dai paesi ex sovietici verso i paesi dell'Europa occidentale, in particolare verso l’Italia, dove le donne hanno visto l'opportunità di entrare nel mercato del lavoro domestico. Queste donne, in Italia, sono state indicate con il termine di "badanti", una parola che, almeno alla fine degli anni '80, era piuttosto denigratoria nei confronti di chi svolgeva la professione di assistenza agli anziani. Ma come spiega Vietti, una badante è "una donna dotata di una grande pazienza e di una notevole resistenza fisica, che si prende cura degli anziani e delle loro case. Pulisce, veste, lava, fascia, medica, ascolta, controlla, veglia, stira, fa la spesa, cucina, tiene compagnia” (30). Le numerose interviste realizzate da Vietti mostrano le storie di molte famiglie moldave che hanno affrontato la migrazione in tutti i suoi aspetti, da chi emigra a chi resta, esponendo così i diversi problemi, le domande e i fatti di migliaia, se non milioni, di persone che hanno deciso di spostarsi per cercare una migliore stabilità economica.

Il libro segue, in particolare, il caso di una donna di nome Nadia, una badante di un villaggio chiamato Pîrlița, che decide di trasferirsi da sola a Torino, lasciando il marito e i due figli, per assumere il ruolo di “capofamiglia”. Nadia lavora infinite ore per una famiglia italiana a Torino e invia la maggior parte del suo reddito alla famiglia in Moldavia; ogni tre mesi torna con beni, regali e denaro per compensare il tempo perso. Per lei è difficile crescere i figli via internet, o lasciarli alla mercé di altri membri della famiglia. Il caso di Nadia spiega esplicitamente molte delle sfide che affrontano molte donne che si sono trasferite come lei alla ricerca di una situazione economica più stabile. Nadia è un esempio di questo fenomeno migratorio che amplifica le trasformazioni politiche, sociali, economiche e culturali avvenute nei paesi ex sovietici. Non solo, ma il caso di Nadia, e di molti altri uomini e donne come lei, solleva difficoltà nella comprensione delle relazioni di genere in uno spettro in cui i ruoli sono cambiati e che, soprattutto per gli uomini, crea un'enorme ridefinizione del loro ruolo di padri e della loro stessa mascolinità.

Nel 2010, il Censis (Centro Studi Investimenti Sociali) ha fatto un’indagine dove si trova che i badanti sono circa un milione e cinquecento mila. I tre quarti dei lavoratori sono immigrati provenienti da Romania, Ucraina, Filippine, Polonia, Moldavia e Perù (Vietti 31). Nel caso della Moldavia, la migrazione di massa è iniziata dopo la dichiarazione della Repubblica di Moldavia del 27 agosto 1991. A seguito di molte decisioni sbagliate, la nuova Moldavia ha subito un disastro economico quasi irreversibile. L'economia è stata riorganizzata attorno alla privatizzazione delle fabbriche e alla ridistribuzione delle terre. Nel 1998, la crisi economica ha causato una disperata migrazione di massa. L'emigrazione è stata “il principale meccanismo informale con cui la popolazione moldava ha risposto alla prolungata crisi economica del paese e allo shock sociale del crollo del sistema sovietico", spiega la sociologa Iraida Margineanu (Vietti 87). Si stima che nel 2005 almeno 1 milione di moldavi, pari al 25% della popolazione, sia emigrato. Dal punto di vista del genere, il 66% di coloro che sono emigrati erano uomini, mentre il 44% erano donne. Mentre molti hanno scelto di emigrare in paesi come Portogallo, Spagna, Francia, Turchia, Grecia e Cipro, la maggioranza (60%) ha scelto di dirigersi in Russia, e un significativo 20% in Italia. Allo stesso modo, il genere è una variabile importante per capire chi migra, dove e perché. In paesi come l'Italia, la Turchia e Cipro, i migranti sono in maggioranza donne (oltre l'85%), mentre quelli che migrano in Russia sono prevalentemente uomini (75%), evidenziando due importanti catene migratorie (Vietti 89, 90). Anche l'occupazione è un fattore determinante per chi decide di migrare. Mentre l’emigrazione in Russia è legata al lavoro nell'edilizia, quella in Italia è invece indirizzata al lavoro domestico e coinvolge sia gli uomini che le donne.

Le ricerche sulla migrazione si sono spesso concentrate sugli uomini, con scarsa attenzione alle donne, che sono sempre state viste come un'aggiunta agli uomini. Solo negli ultimi 20 anni l'attenzione si è spostata sulle donne migranti, che spesso hanno fornito lavoro emotivo (Constable 51). Nicole Constable spiega nel suo articolo “The Commodification of Intimacy: Marriage, Sex, and Reproductive Labor”, come le relazioni intime e personali legate alle famiglie e alle unità domestiche siano state mercificate in molteplici modi nel mercato globale, finendo per essere collegate alla migrazione e sollevando sfide importanti. Nel caso della Moldavia, gli spostamenti migratori più importanti durante la fine degli anni '90 e l'inizio degli anni 2000 hanno permesso di trovare lavori di manodopera a basso costo. Nel caso delle donne migranti, la manodopera emotiva è stata sfruttata a beneficio dei paesi più ricchi. Anche se ci sono molti uomini che forniscono cure intime, gli studi si concentrano spesso sul lavoro fisico ed emotivo delle donne. L'invito ad approfondire gli studi e le analisi sugli uomini come soggetti intimi di genere è stato lanciato da più ricercatori, come Constable o Gallo, per comprendere il loro ruolo nel fornire cure intime, e non solo nel consumarle (Constable 58). “Allo stesso tempo, non dovrebbe sorprendere il fatto che gli uomini non sono unicamente promotori di rapporti di sfruttamento e marginalizzazione delle donne, ma sono essi stessi soggetti a pressioni socio-economiche,” spiega Ester Gallo che sostiene come sia necessario condurre ulteriori ricerche per comprendere la diversa emarginazione degli uomini negli aspetti socioeconomici (Gallo 27).

La costante emancipazione delle donne migranti comporta un'inevitabile ridefinizione dei ruoli nella famiglia. Una tradizionale ideologia conservatrice ha sempre posto gli uomini nella posizione di capofamiglia e le donne in una posizione di subordinazione. Cosa succede quindi quando i ruoli diventano opposti? L'esempio di Nadia e della sua famiglia ci insegna come i ruoli cambiano dal punto di vista economico. Prima dell'emigrazione, gli uomini della famiglia di Nadia guadagnavano almeno il 60% del reddito familiare totale; dopo l'emigrazione, questa percentuale è scesa drasticamente intorno al 10%. Con le donne che guadagnano il 90% del reddito totale della famiglia, è necessaria una ridefinizione dei ruoli all'interno del nucleo familiare (Vietti 160). Ovviamente i ruoli familiari non sono cambiati drasticamente per chi si è trasferito in Russia, dove gli uomini sono più spesso impegnati a provvedere alla famiglia, pur affrontando lavori molto faticosi. Ma per gli uomini che hanno visto le loro mogli emigrare è stata necessaria un'intera ridefinizione della loro mascolinità. Questi uomini hanno iniziato a dipendere quasi completamente dalle loro mogli dal punto di vista economico, e sono diventati responsabili della casa e dei figli, cercando nel frattempo diverse opportunità di lavoro. In seguito all'emancipazione delle donne, è arrivata la decisione della famiglia di ricongiungersi o di rimanere nel paese d'origine. Il numero di uomini che ha deciso di ricongiungersi con le loro mogli è aumentato negli ultimi anni. Mentre alcuni sono lontani dall'idea di trasferirsi in un altro paese, coloro che hanno deciso di andare in paesi come l'Italia, la Turchia e Cipro, sorprendentemente sono entrati nel campo del lavoro domestico.

Nella ridefinizione della mascolinità, è cruciale vedere i tipi di lavoro che gli uomini intraprendono al loro arrivo nel nuovo paese per liberarsi dal processo di femminilizzazione, integrando il lavoro domestico o seguendo un percorso completamente separato (Gallo 40). I lavori più comuni svolti da questi uomini sono l'edilizia, l'agricoltura e il giardinaggio (Vietti 166). Una tendenza comune mostra che gli uomini che svolgono lavori domestici spesso assumono posizioni di portieri nelle città più grandi, come Roma, dove c'è spesso bisogno di uomini per queste posizioni, ma non è necessariamente facile ottenerli poiché c'è molto scetticismo nei confronti degli immigrati. Gallo suggerisce che mentre gli uomini si trovano a lavorare nel campo del lavoro domestico, “gli uomini domestici non svolgono soltanto i lavori delle donne, ma hanno storicamente occupato posizioni diverse, spesso ma non necessariamente femminilizzate” (Gallo 40).

In particolare, gli studi di Gallo seguono un gruppo di uomini provenienti dalla regione indiana del Kerala, che arrivano in Italia e devono conformarsi a svolgere lavori di cura, perdendo spesso privilegi come la possibilità di prendersi cura della propria famiglia e di essere il capofamiglia, poiché passano la maggior parte del tempo a lavorare per l'altra famiglia. È lì che ottengono l'opportunità di lavorare come portieri, riportando l'illusione e la possibilità di ottenere un appartamento proprio e di dedicare più tempo alla propria famiglia (Gallo 41). “La conquista di uno spazio abitativo autonomo”, spiega Gallo, “permette di riacquisire ruoli familiari come marito e padre, una sicurezza emotiva e relazionale spesso negati nei rapporti di lavoro domestico a tempo pieno” (42). Il ricongiungimento familiare è fonte di problemi anche per le lavoratrici, che hanno riscontrato conflitti tra i fornitori di lavoro e i loro mariti, che tendono ad appropriarsi delle mogli e a non gradire che queste trascorrano molto tempo al lavoro, causando in questo senso una visione stereotipata degli uomini al loro arrivo in altri paesi. In una delle interviste condotte da Gallo, un avvocato rumeno descrive la realtà tra la sua famiglia, la società italiana e i lavoratori domestici stranieri; racconta il momento in cui arriva il marito della domestica Shilpa, “quando è arrivato il marito di Shilpa ci sono stati dei problemi perché lui era meno accomodante di lei, e non gli stava bene che le venisse da noi per pulire” (Gallo 31).

Sebbene la migrazione di massa delle donne domestiche contribuisca ad alleviare gran parte della pressione economica in molti paesi del Terzo Mondo, essa lascia enormi problemi nei paesi d'origine, che hanno perso la maggior parte delle loro badanti. Questo dimostra l'importanza del ruolo femminile in casa e, su scala molto più ampia, mette in dubbio il futuro dei bambini e degli anziani. “Basta pensare che nell’ultimo decennio il lavoro moldavo ha perso 28.000 insegnanti e quasi 40.000 medici e infermiere” affirma Vietti, “le conseguenze di tale situazione sono state di volta in volta identificate nell’assenteismo dell’insicurezza sociale e dei fenomeni di devianza, nelle sofferenze psicologiche e materiali degli anziani solo, all'aggravarsi dell’alcolismo maschile” (Vietti 95). Evidentemente il fatto che tante donne se ne siano andate lascia uno squilibrio nella società in generale, ma anche nei rapporti interpersonali, oltre che nei già citati ruoli familiari. In un piccolo villaggio come quello di Nadia, il semplice bisogno di adulti sembra colpire il villaggio più duramente; Romeo Ciuperca, membro della Commissione economica del Comune afferma che “nelle scuole del villaggio, su un totale di 920 allievi, studiano 75 ragazzi senza entrambi i genitori e circa 800 senza uno dei due genitori…dunque nel complesso posso affermare che mancano da Pîrlița circa 950 adulti” (Vietti 117). Poiché non c'è praticamente nessuno che si prenda cura dei bambini, questi vengono spesso lasciati con la speranza che qualcun'altro possa prendersene cura, come un familiare o un'altra donna che possa assumere il ruolo di madre e custode. “Le donne che entrano a far parte di una schiera non specializzata di domestiche, badanti e baby-sitter, si trovano spesso nella situazione di delegare i propri ruoli di madre, sorelle e figli a parenti o domestiche nel paese di origine” (Gallo 28). Le donne migranti che hanno l'opportunità di portare con sé i propri figli si trovano spesso di fronte allo stesso problema che avrebbero avuto se li avessero lasciati nel loro paese: dato che passano molto tempo a lavorare, i bambini devono essere accuditi da altri o lasciati da soli.

L'affetto personale è spesso perso e le donne che emigrano trovano la loro strada attraverso l'affetto inviando denaro e oggetti a casa, come modo per compensare la loro assenza. La causa principale della migrazione, come è noto, è la crisi economica, ma una volta che i migranti hanno trovato maggiore stabilità, una volta che hanno iniziato a lavorare, iniziano a inviare denaro nei loro paesi e la relazione affettiva a distanza è fatta di “lunghe telefonate, doni inviati per posta aerea e un infinito flusso di rimesse in denaro” (Vietti 54). È così che si arriva al concetto di transnazionalismo, un concetto che è molto presente negli studi sulle migrazioni. I migranti diventano creatori di nuove pratiche in vari campi dell'economia, dell'identità culturale e degli aspetti sociali (Vietti 57). Per molti migranti in tutto il mondo è diventata una pratica comune inviare pacchi, lettere e cibo per le famiglie rimaste a casa. È in questo senso che i lavoratori domestici e le loro famiglie rimangono in contatto. Un'enorme quantità di beni viene spedita in tutta Europa verso la maggior parte delle regioni orientali, e persino attraverso i continenti, il ché, come già detto, compensa l'assenza, “I doni simbolizzano il ricordo, la sollecitudine, il tempo che l’assente dedica agli affetti lontani. Si tratta di merci che possono avere un valore di approvvigionamento, come nel caso di cibo, medicine e altri beni primari…” (Vietti 59). La maggior parte del denaro guadagnato viene spesso utilizzata per investimenti, oltre che per l'acquisto, la costruzione o la ristrutturazione di una casa. Per molte lavoratrici domestiche, il denaro investito in queste case simboleggia molto di più delle case stesse; dimostra un ruolo attivo come madri e mogli responsabili che lavorano duramente per provvedere alle loro famiglie (Vietti 131). Questa costante necessità di fornire quanto più possibile alla propria famiglia accende in altri uomini e donne il desiderio di emigrare e di trovare una strada diversa allontanandosi da un'economia in declino.

Sapendo quanto sia grande l'emigrazione femminile in tutta Europa, soprattutto nei paesi dell'Europa dell'Est che sono stati negli anni legati alle aree del lavoro domestico e dell'assistenza familiare, è anche legata alla prostituzione, il fenomeno del trafficking e delle sex workers. I mezzi di comunicazione hanno dato un'immagine negativa delle donne che migrano dai paesi del terzo mondo per svolgere lavori di cura e di lavoro sessuale, ma molte donne sono spesso vittime di tratta (Constable 56). I meccanismi utilizzati per reclutare le ragazze sono molteplici. Nel caso della Moldavia, come spiegato da Vietti, ci sono numerose false agenzie di viaggio che coprono il traffico di persone. Spesso si tratta del tradimento di genitori, amici e fidanzati che si fanno dare qualche centinaio di euro con informazioni su giovani ragazze, promettendo così un lavoro in un paese straniero (Vietti 113). L’uso di Internet, poi, svolge un ruolo enorme nei metodi di promozione, reclutamento e localizzazione dei servizi sessuali in tutto il mondo. Constable spiega questo fenomeno identificando anche i modi in cui Internet influenza il mercato dei servizi di intimità. La comunicazione online ed elettronica ha influenzato l'acquisto di servizi sessuali senza intermediari, rendendo estremamente facile anche per i lavoratori del sesso pubblicizzare e comunicare con i clienti. Inoltre, queste nuove procedure consentono l'impiego di badanti su una scala molto più ampia mai vista prima. Constable definisce molti di questi metodi come mercificazione: "Con mercificazione mi riferisco ai modi in cui l'intimità o le relazioni intime possono essere trattate, comprese o pensate come se fossero entrate nel mercato" (Constable 53). I ricercatori sembrano avere opinioni contraddittorie anche su chi è vittima della tratta sessuale e chi no. Molti studiosi sostengono comunque che tutte le sex workers siano vittime, mentre altri ritengono che si tratti di una scelta. Nonostante le sfide, anche questi metodi di acquisizione dei beni fanno parte dello spettro del transnazionalismo.

Sebbene l'attenzione si concentri sul modo in cui la migrazione colpisce le donne di tutta Europa, in particolare quelle dell'Italia, della Turchia e di Cipro, vale la pena esaminare le ripercussioni che ciò può avere su altri fattori come la famiglia, il paese, l'economia e la politica. Le storie di donne come Nadia, seguite dagli antropologi in modo molto più ravvicinato, ci aiutano a capire come la questione di genere possa influenzare alcune regioni del mondo su una scala molto più ampia. Come abbiamo visto, l'Italia è un paese che beneficia di queste badanti che dedicano gran parte della loro età adulta a prendersi cura della numerosa popolazione anziana del paese. Mentre loro sono al lavoro, molte famiglie nei paesi d'origine risentono dell'assenza di queste donne nei ruoli mancanti della maternità e dell'intimità, che non molti uomini possono ricoprire. Allo stesso modo, l’assenza di insegnanti, badanti e infermieri sembra essere insostituibile, lasciando in dubbio il futuro di bambini e anziani nei paesi dell'ex Unione Sovietica. Per coloro che non emigrano in Russia, gli uomini sono costretti a ridefinire la loro posizione all'interno della famiglia quando le donne diventano “capifamiglia”. Una ridefinizione della mascolinità è necessaria per quegli uomini che decidono di ricongiungersi con la propria famiglia nei paesi di arrivo, che all'inizio vengono inseriti in posizioni di lavoro domestico, e spesso come badanti essi stessi. Diversi metodi definiscono il modo in cui l'acquisizione di servizi intimi come quelli di badanti, lavoratori sessuali e persino prostitute si aggiorna con l'arrivo di nuove tecnologie, come Internet, che mette in dubbio la sicurezza delle donne, che sono per lo più oggetto di traffico di esseri umani. Sebbene esistano molti studi sugli uomini migranti, sono state fatte poche ricerche e molti ricercatori hanno chiesto di approfondire la ricerca per prendere in considerazione gli uomini che svolgono lavori nel settore domestico come guardiani, agricoltori e giardinieri. Nel complesso, con i difficili problemi socioeconomici di molti paesi del terzo mondo, le donne migranti rivestono fino a questo momento un ruolo importante nella ridefinizione della questione di genere e nella ricerca condotta negli studi di genere e nell'antropologia culturale. Questa ricerca è molto importante perché è necessaria per comprendere l'intera portata delle cause, delle ragioni e delle conseguenze della migrazione a livello globale.

Biographical Statement - Julian Viviescas Mejia

My name is Julian Viviescas Mejia and I am a junior English major with a concentration in journalism and professional writing as well as an Italian studies and digital media minor. In 2022, I studied one semester at the University of Modena and Reggio Emilia in Italy. Thanks to my study abroad program, I plan to go back to Italy to obtain a Master's degree after I graduate from UMass Lowell.

Bibliografia